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Protesi robotiche e vista: gli impianti retinici

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impianti retinici

La massima precisione con il minimo ingombro. È l’obiettivo da perseguire quando le protesi si innestano in organi delicati e di piccole dimensioni come l’occhio, per riprodurne le funzioni.

Fino ad una ventina di anni fa, l’idea di dispositivi elettronici potessero restituire la vista sembrava fantascienza. Sembrava cosa astratta ma recentemente sono stati messi a punto impianti retinici. In casi come questo, bisogna far comunicare ambiente e cervello, mettendolo in grado di percepire gli stimoli visivi e decodificarli.

Certo è che, essendo dotato di un’anatomia cosi complessa, essa è difficilmente riproducibile. A oggi, l’Europa ha tuttavia approvato i dispositivi Argus II e Alpha Ims, per chi ha una degenerazione irreversibile della retina, ma conserva l’attività del nervo ottico. Piuttosto costose (100 mila euro) le due protesi funzionano in modo diverso.

Argus II è composta da microchip con 60 elettrodi, che si impianta nella parte posteriore della retina e comunica col nervo ottico, e da un’antenna posizionata sul bulbo oculare, che riceve gli impulsi da una telecamera montata sugli occhiali.

Alpha Ims, invece, non ha bisogno di telecamera esterna: un microchip con 1.500 fotodioidi sensibili alla luce si inserisce nella zona della retina che generalmente ospita i recettori visivi, e invia impulsi al nervo ottico. Muovendosi con l’occhio, permette di puntare lo sguardo in modo naturale, al contrario della telecamera di Argus II che va direzionata muovendo tutta la testa.

Uno studio indipendente pubblicato su British Journal of Ophtalmology  ha confrontato i due impianti, concludendo che Alpha Ims consente un’acuità visiva maggiore. L’impianto di questa protesi però risulta più complesso. In entrambi i casi, comunque, la visione che si ottiene è grossolana. Il paziente vede dei pixel in una scala di grigi, e col tempo impara ad interpretarli. Per chi è diventato cieco è già moltissimo. Ma già si sperimentano impianti retinici che dovrebbero consentire una visione molto più precisa, mentre software in via di elaborazione anche per protesi già esistenti potrebbero a breve permettere di vedere i colori.

 

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